Nel 1498, dopo decenni di scontri con “quilli maliditti villani”, come venivano chiamati i persicetani, Giovanni II Bentivoglio incaricò l’architetto Gaspare Nadi di unire gli edifici preesistenti, appartenenti al Vescovo e al Podestà, in un unico palazzo quale simbolo della pace raggiunta: ne rimangono viva testimonianza gli archi in cotto e le colonne del cortile interno, i peducci in cotto, gli eleganti capitelli in arenaria e altri ornamenti del loggiato d’accesso inferiore.

Alla caduta dei Bentivoglio, il palazzo passò al conte Marcantonio Marsili il quale, a sua volta, lo cedette alla Comunità dei Partecipanti nel 1612. Da quel momento il Palazzo del Governo è stato oggetto di rifacimenti e abbellimenti fino alla struttura odierna. Un elegante scalone, ornato dalla scultura in gesso di Luigi Acquisti, raffigurante Il ratto delle Sabine, e l’apertura scenografica sul pianerottolo testimoniano la cultura Settecentesca, teatrale e barocca. All’inizio del Novecento fu aggiunto il secondo piano e le sale di rappresentanza ebbero nuove decorazioni, più vicine al gusto del tempo e funzionali all’attività istituzionale.

In Sala Giunta, l’affresco del soffitto è stato sostituito dalla tela della Glorificazione del lavoro e della famiglia contadina, mentre alle pareti si possono ammirare il dipinto La morte di un eroe di Corrado Manzi all’inizio del Novecento e il busto di marmo del re Vittorio Emanuele II dello scultore Enrico Barberi.