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Santa Maria e San Danio dell'Amola di Piano

Amola è l’alterazione della parola LAMULA che vuol dire “lingua di terra sporgente alquanto dalla palude”, trovandosi in un territorio che, dopo essere stato oggetto della “Centuriazione romana”, era tornato allo stato selvaggio e paludoso, complici il dissolvimento dell’Impero, le invasioni barbariche e le continue alluvioni.

La prima Cappellina dedicata a Santa Maria è opera di un Sacerdote bolognese di nome DANIO che nel 1171 decide di ritirarsi in queste zone, non per spirito anacoretico ma per portare conforto religioso ai suoi abitanti. 

Alla sua morte, avvenuta dopo 13 anni, nel 1184, la devozione dei suoi fedeli è tale e tanto si accresce da farlo ascrivere tra i Santi canonizzati per culto spontaneo di popolo.

La presenza di quella Cappella , oltre che da alcuni atti e documenti del XIII sec., ci viene confermata dall’elenco “delle chiese della Diocesi di Bologna” del 1366 e ribadita in analogo elenco del 1408, dove la si dichiara unita alla Chiesa parrocchiale dei Santi Vitale e Agricola del “Castello” di San Giovanni.

La visita pastorale del Vescovo di Bologna Giovanni Campeggi del 1555 conferma l’unione delle due Chiese, denunciando però in quella circostanza lo stato di degrado e di abbandono in cui versava quella di Amola (senza pavimenti, senza cappellano, paramenti scadenti).

Nella più famosa visita apostolica del 1573 di Mons. Ascanio Marchesini, si concepisce e si progetta da parte di quel potente prelato la costituzione di una sola parrocchia, quella della Collegiata, all’interno del “Castello”, inglobando le preesistenti altre tre; ed elevando a parrocchie autonome quelle del forese, tra le quali  appunto quella di Santa Maria di Amola e san Danio, con l’obbligo dei Parroci di prendere dimora nelle rispettive chiese.

Le esortazioni di Mons.Marchesini di dare più consona sepoltura a San Danio, le cui ossa al tempo erano  sotterrate al centro della Cappelletta sotto una lapide tombale di marmo, si concretizzano solo nel 1765, in una chiesa che nel frattempo  era stata restaurata ed ampliata. Infatti il 28 ottobre di quell’anno, alla presenza dell’Arcivescovo Card. Malvezzi, si procede alla solenne traslazione delle sacre reliquie in un tabernacolo dorato e vetrato. Si narra che in quei giorni venissero registrate miracolose guarigioni di malattie da chi aveva bevuto l’acqua con la quale erano state pulite le ossa del Santo.

Nel 1798 la chiesa viene ricostruita su progetto dell’architetto bolognese Giuseppe Tubertini; mentre il campanile, su disegno di Giacomo Bartoli, risulta alzato tra il 1817 e il 1824. Il nuovo edificio sacro viene così a disporre di due altari per ogni lato della navata, oltre all’altare Maggiore e alla cappella di San Danio. 

Tra le opere più pregevoli della Parrocchia, non si può non menzionare la pala dell’altare Maggiore, commissionata al grande pittore barocco Francesco Albani attorno al 1658/59 e dedicata all’ Assunzione della Vergine, accolta dalla madre Sant’Anna e venerata da un genuflesso San Pancrazio. L’originale del dipinto è stato prudenzialmente trasferito presso il Museo d’Arte Sacra di San Giovanni in Persiceto, dopo l’avvenuto restauro degli anni ’70 che l’ha riportato alla sua originaria iconografia, rimuovendo il camouflage con il quale nel 1901 un San Danio veniva sovrapposto alla figura del San Pancrazio ed un angelo oscurava quella della Madre di Maria. 

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